50 sfumature di “latex”

Avete mai pensato di acquistare un capo in latex?

Se la vostra risposta è negativa, probabilmente la causa è dovuta alla nomea legata a questo materiale, da sempre associato all’immaginario erotico della cultura BSDM (bondage, sottomissione, dominazione e masochismo) ed esploso a livello globale con la saga delle “Cinquanta sfumature” varie ed eventuali di cui sicuramente avrete visto e sentito parlare.

Sebbene la sua fama sia legata all’universo della trasgressione sessuale, va detto che il latex o lattice è apprezzato per le sue caratteristiche in contesti molto distanti da quello del sex-entertainment.

Adattabilità e aderenza su qualsiasi tipo di superficie fanno di questa materia il tessuto di elezione per la realizzazione di dispositivi di protezione individuale in ambito medico come i guanti (diventati ormai un must-have di questo particolare periodo) e per la produzione di materassi dall’elevata funzionalità ergonomica.

Tra gli utilizzi del lattice, vanno anche ricordati solette e plantari per scarpe anatomiche, ambiti quindi molto lontani dalla vituperata sexiness in cui questa resina si colloca.

Latex? Express yourself, don’t repress yourself

Tuttavia, l’immaginario creato dall’estetica dei videoclip musicali, rende il latex il simbolo iconico della sessualità proibita. Come non citare sull’argomento la regina della trasgressione pop, Madonna?

Reduce dallo scandaloso libro fotografico “Sex” e dall’album “Erotica”, Miss Veronica Ciccone decide di ironizzare sulla sua immagine nel video della canzone Human Nature in cui a suon di “express yourself, don’t repress yourself”, si muove sulle coreografie di Luca Tomassini interamente ricoperta da un’aderentissima tuta in latex.

Immagine di Madonna vestita con tuta in PVC tratta dal singolo Human Nature
                                       Fonte: Youtube

Il lattice diventa anche protagonista della gender fluidity proclamata da Marilyn Manson nel video di “The dope show”, in cui il provocatorio performer dileggia lo show-business muovendosi come un’aliena creatura androgina in un paesaggio desertico.

Immagine di Marylin Manson con tuta in PVC tratta dal singolo In the Dopo Show
                                      Fonte: Youtube

Il latex segna anche il passaggio alla maturità artistica della ex teen-idol Britney Spears.
Vi ricordate il video della sua canzone “Ops, I did it again”?

Immagine di Britney Spears vestita con tuta in PVC tratta dal singolo ops I did it again
                                                             Fonte: Youtube

Indipendentemente dal valore artistico della canzone, il video va ricordato per la volontà della cantante di liberarsi dall’immaginario da lolita che le era stato cucito addosso fino a quel momento.

Per questo Britney decide di indossare una tuta in latex rosso, una dichiarazione d’intenti che lascia poco spazio alla candida immagine che l’aveva accompagnata al successo.

In anni più recenti, in un gioco di citazionismi madonnari, Lady Gaga gioca con la sua identità sessuale nel video di “Alejandro”, in cui indossa un reggiseno mitra interamente realizzato in latex nero.

Sarà per questo che il video passava nelle emittenti televisive solo a notte inoltrata?

Immagine di Lady Gaga vestita con tuta in PVC tratta dal singolo Alejandro
                           Fonte: Youtube

E’ il caso delle ultime collezioni A/I 2020-2021 di Balmain e Saint-Laurent, in cui è impiegato il lattice Atsudo Kudo, uno dei brand più affermati in fatto di design e realizzazione di capi in gomma di lattice.

Abito in latex del brand Atsuko Kudo
                                                     Fonte: sito web Atsuko Kudo

In questo contesto, sorprendono anche le collezioni realizzate a mano da  Tableaux Vivant, che riconosce nel lattice pura potenza proprio per la sua versatilità nell’essere tutto ciò che si vuole che sia.

Completi in lattice del brand Tableaus Vivant
Fonte: sito web Tableaux Vivant

La volontà di schermare, non mostrando l’identità, ma una costruzione artificiale di questa, era già stata offerta del duo artistico senza un base, di Cheking Invoices che, dalla sua pagina Instagram, propone look dirompenti grazie all’assoluto anonimato fisico garantito dalle tutine di tessuto che indossa.

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In questo contesto, si capisce come, la sublimazione dell’atto dello schermare è raggiunta proprio dal latex che da una parte enfatizza le forme, dall’altra diventa una barriera protettiva dell’identità perdonale.

Un esempio ce lo offre questa curiosa immagine creata da Ali Hadian, artista 3D e di graphic motion, che in questa immagine da l’idea di sfruttare il latex per proporre una logica combinatoria irriverente tra elementi della personalità e caratteristiche fisiche.

Tra le arti, anche il cinema non è rimasto immune dal fascino di questa materia naturale, usata per infiniti mascheramenti e camuffamenti entrati nella storia.

Uno degli ultimi omaggi all’arte di notevole interesse, è l’operazione realizzata da Nicholas Winding Refn in “Drive”, in cui il protagonista del film Ryan Gosling, indossa in alcune scene una maschera in lattice che rimanda al protagonista del film “Bronson”, girato dallo stesso regista, in un gioco di citazionismi per la gioia dei cinefili più estremi.

Come abbiamo visto quindi, coprire non è solo una banale operazione di protezione igienica, ma può essere un’azione dall’incredibile forza creatrice.

L’incantevole effetto see-through del PVC

Un altro materiale che consente interessanti innovazioni è il PVC, soprattutto nel campo della moda.
Secondo uno studio condotto da Plastic Europe, il cloruro di polivinile (nome esteso della macro molecola) può essere riciclato per otto volte consecutive.

Il PVC non si limita solo a coprire evidenziando le forme, consente anche di giocare con le trasparenze, caratteristica che permette di creare, lasciando spazio all’estro di brand e stilisti.

Paco Rabanne, Courrèges, Pierre Cardin

Il cloruro di polivinile vede il suo exploit negli anni sessanta a opera di un giovane Paco Rabanne che, su ispirazione della stilista italiana Elsa Schiaparelli, sconvolge il mondo della moda una collezione di dodici capi completamente realizzati in plastica dal nome Dodici abiti insostenibili in materiali contemporanei.

L’esempio di Paco Rabanne sarà seguito da Courrèges e Pierre Cardin che realizzano capi in grado di destrutturare l’aplomb del pret-à-porter aprendolo alle rivoluzioni sociali e politiche che esplodevano in quegli anni.

PVC e design

Anche il design vede nel PVC un materiale in grado di tradurre con forme inedite e sinuose la progettazione di elementi di arredo, come nel caso della poltrona 4860 di Joe Colombo per Kartell o la poltrona gonfiabile Blow di Zanotta, ancora oggi status symbol dei design addicted.

PVC e calzature: la diade superba 

L’effetto see-through del polivinilcloruro trova la sua massima valorizzazione nelle calzature, elemento per eccellenza del piacere feticistico.

I lembi di pelle lasciati a vista grazie al PVC, enfatizzano il portato erotico delle scarpe, come si evidenzia nelle collezioni di alcuni tra i brand più prestigiosi.

Dalle sperimentazioni concettuali con tacchi e punte scultura come quelle proposte da Misbv e Cult Gaia, si passa ai sandali effetto cinderella di Aquazzurra e Amina Muaddi, fino alle fluidità plastiche di Alexandre Vauthier.

La plastica vinilica del PVC è in grado di innovare anche i grandi classici delle calzature, come le pump rivisitate da Magda Butrym e Givenchy o i sandali alla schiava realizzati dall’emergente Benedetta Boroli.

Così come i modelli dalle forme accollate e allungate di Yeezy, anche le sneaker, come quelle di GCDS, trovano nel polivinilcloruro un alleato in grado di trasformarle sempre più in oggetti del desiderio.

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Avete anche voi aggiunto alla vostra collezione di scarpe sneaker di tendenza in PVC?

“I’m in plastic, it’s fantastic!”

Non sappiamo se, come cantato in “Barbie girl” qualche anno fa dagli Aqua “I’m in plastic, it’s fantastic!”, sia effettivamente così vero, sicuramente non si può negare che la plastica in tutte le sue espressioni sia un elemento di grande fascino per la moda, a dispetto dell’apparente usura che la interessa.

Se nella lingua italiana spesso la locuzione “di plastica” è associata a esperienze emotive legate alla finzione, nel linguaggio della moda la plastica sa valorizzare l’autenticità di visioni e stili unici grazie proprio a quel suo “vedere attraverso”.

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